POPOLAZIONE

L'identificazione del "Popolo Sahrawi" è oggi oggetto di attenzioni da più parti perché concerne una delle questioni più spinose della contesa del Sahara Occidentale.
In questo elaborato sarà trattata dal punto di vista delle Nazioni Unite che, riconoscendo il diritto all'autodeterminazione, in qualche modo riconoscono l'esistenza di questo popolo. La popolazione autoctona del Sahara Occidentale appartiene al complesso delle tribù sahrawi. Organizzate da secoli in modo autonomo, con forme proprie di lingua, cultura e organizzazione sociale, nomadi fino a tempi recenti, sono presenti anche attualmente con minoranze nel sud del Marocco, in Mauritania, nelle isole Canarie e in Algeria.
Prima dell'arrivo degli spagnoli (1884) sul territorio del Sahara Occidentale nomadizzavano numerose tribù, 40 secondo la tradizione, riunite in una confederazione non rigida, visibile solo in determinati momenti di emergenza o celebrazioni collettive. La Ait `Arba'in (consiglio dei quaranta) era un'assemblea composta dai capo-tribù con funzioni di coordinamento e con potere decisionale riconosciuto dalle varie tribù. Il principio ispiratore di questa struttura sovratribale è individuabile nella generale volontà di superare le situazioni contingenti e di offrire un minimo di coesione in una società quasi completamente nomade. Importante era indire la Ait `Arba'in in caso di conflitti tra le tribù, aggressioni esterne e pioggia (in quest'ultimo caso la fertilità conseguente alla pioggia perché avrebbe innescato conflitti per il dominio della terra, normalmente considerata di tutti; per le aggressioni esterne perché si metteva in piedi un esercito unico più efficace e per i conflitti tra le tribù per eleggere un giudice per pacificare le parti).
L'origine delle tribù si può ricondurre all'immigrazione degli arabi Maqil, i Bani Hasan, provenienti dallo Yemen tra il XI e il XIII secolo, ed alla fusione con il gruppo Sanhaja berbero che già aveva lottato in quella zona facendo rifugiare a nord l'altro gruppo berbero: gli Zenata. Da allora e fino al 1500 si determinò un lento e complicato processo di integrazione delle genti arabe con le popolazioni preesistenti: In tal modo, dalla fusione dei Sanhaja e dei Bani Hasan, si formò un popolo che parlava un dialetto arabo, l'Hassaniya (questo dialetto è usato tutt'oggi, ma la scrittura è invece quella dell'arabo classico, dove sfumano le varie differenze con gli altri dialetti di tutto il mondo arabo), e che occupava la regione del Sahara fino alla Mauritania dell'est. In questo ceppo etnico misto a predominanza araba, ma con molte componenti di carattere regionale, si può vedere il primo embrione del futuro popolo sahrawi (letteralmente: originario del deserto).
Esisteva una gerarchia sociale basata sulle attività delle tribù ed in seno al gruppo dei Sanhaja si determinò una scissione: una parte di essi abbandonò la spada per il libro (ancora oggi si usa molto la poesia come strumento pedagogico, di informazione e di propaganda, considerando il poeta come servitore della patria per conservare e trasmettere la memoria del popolo, esprimendosi per lo più in Hassaniya anche in forma scritta), sviluppando unità religiose fondate sulla predicazione e sull'insegnamento del Corano (attualmente la religione praticata pressoché da tutti anche se in maniera piuttosto laica è l'islam sunnita, il tipo più diffuso, soprattutto nel Maghreb).
Un'altra frazione, gli Znaga, era costretta al pagamento di tributi (in bestiame o in prestazioni di lavoro) alle tribù guerriere contro le incursioni armate e le razzie che costituivano la principale forma di sopravvivenza nel deserto (si ricordino i predoni). Si profilava in tal modo una gerarchia sociale sufficientemente delineata: al vertice vi erano le tribù guerriere (Reguibat, Uld Delim, Tekna) che vivevano di razzie: i raids non erano solo un fatto culturale, ma una forma di vita, e, nel corso dei secoli, assunsero il carattere di un'attività commerciale.
Vi erano poi le tribù religiose e quindi le tribù vassalle, costrette al pagamento dei tributi. In particolare, alcuni gruppi come gli Imraguen praticavano la pesca lungo le zone costiere facendo fronte alle richieste dei guerrieri, ricevendone in cambio protezione. Al fondo della scala sociale vi erano, infine, i Malemin (artigiani), gli Iggawen (musicisti e poeti girovaghi) e gli schiavi (dei quali alcuni potevano essere affrancati: gli Haratin).
Le principali tribù Sanhaja del Sahara occidentale si autodefinivano "liberi", rivendicando non soltanto la propria origine araba, ma anche una diretta discendenza da Maometto, queste erano le tribù denominate Shorfa (al vertice sociale). Ciascuna tribù si riuniva in un'assemblea, la jama'a, composta dai rappresentanti delle maggiori famiglie: essa aveva il compito di eleggere i capi, esercitare il potere legislativo sulla base del codice islamico e procedere alla nomina dei Qadi (giudici).
L'indipendenza, il rifiuto di sottomissione ad altri stati, la conflittualità intertribale, la lingua e la cultura arabo-islamica, la inesistenza di una effettiva e stabile struttura sovratribale e il nomadismo erano i caratteri dominanti del popolo del Sahara occidentale nel corso del XIX secolo. Esso presentava degli elementi di omogeneità e di coesione abbastanza spiccati, il che consente di parlare, pur in assenza di una coscienza nazionale (sviluppatasi più tardi) di una "entità Sahrawi" sufficientemente precisa, con tratti originali e differenti da quelle delle popolazioni del Marocco e della Mauritania.
Della divisione in tribù oggi, visitando i campi, si sente nuovamente parlare perché la commissione O.N.U. per l'identificazione degli ammessi al referendum è al lavoro e quindi si torna a cercare le vecchie discendenze e gli anziani capo-tribù. Attualmente i campi profughi ospitano circa 200.000 persone. Il numero non può che essere approssimativo, considerando una quantità di persone all'estero per vari motivi, emigrazione (della quale assolutamente non ci sono dati certi), nomadi sahrawi che talvolta usufruiscono dei servizi che i campi possono offrire per periodi di tempo variabili e che proprio sul numero dei sahrawi si gioca la questione del referendum ed il governo sahrawi non fornisce con semplicità questi dati agli stranieri.
Nel paragrafo dedicato alla descrizione della popolazione non si può non citare un fatto che balza agli occhi immediatamente parlando con un sahrawi: la consapevolezza e la fierezza di essere popolo. Questo aspetto viene fuori ogni qual volta si trattano questioni politiche, ma anche sociali; la politica che è stata fatta e si continua a fare su questo tema è quella di aumentare il più possibile questa identificazione in "popolo" attraverso un recupero delle tradizioni e della storia ed attraverso una propaganda di queste sia interna che esterna ai sahrawi.


Capìtolo pròssimo: 4. Il contesto: sistema sociale,
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